Indegno di un paese civile

Quando in Europa si iniziò a profilare l’idea di una società borghese in cui anche il popolo potesse assumere delle responsabilità nei confronti dell’interesse nazionale, i filosofi si preoccuparono di fissare i limiti dei rapporti che intercorrono fra Stato e cittadino. Nel suo “Secondo trattato del governo”, John Locke spiegò con chiarezza che i diritti del singolo individuo dovessero essere subordinati alle esigenze dello Stato. Genericamente si ritiene Rousseau il primo ad aver alienato il diritto individuale alla “volontà generale”, ma Locke lo aveva preceduto di quasi un secolo e il contratto sociale è più vincolante in Locke che in Rousseau. Locke ritiene che le esigenze di un impero in espansione, come era l’Inghilterra del diciassettesimo secolo, subordinino ogni diritto individuale allo Stato. Rousseau si limiterà a considerare la questione dell’emergenza, ma essendo ginevrino, non le darà grande peso, senza poter immaginare gli effetti successivi del suo pensiero. Non è dunque solo la Chiesa cattolica ad impedire in Italia, come in Polonia o in Irlanda, una legge sul fine vita. Anche la cultura laica e liberale subordina la vita di un individuo ai suoi doveri verso lo Stato. Ma a contrario della cultura cattolica, la cultura liberale offre una soluzione, quella appunto dell’emergenza. Se la patria non è in pericolo, se lo Stato può concedere ai cittadini il massimo della loro autonomia, non c’è ragione di disporre interamente della loro vita. Meno che mai lo Stato può disporne quando il cittadino si trova invece lui in una condizione di emergenza, ad esempio è ferito, o malato, o impedito in qualche maniera nella sua disposizione fisica o mentale. Lo Stato si mostra più pietoso di quanto sia la Chiesa a proposito. Quando il cittadino non ha più una coscienza, il caso Englaro, lo Stato non ha nessuna pretesa nei suoi confronti, perché il rapporto è sempre morale. La Chiesa ne ha ancora eccome. Nel caso Fabo c’era una volontà dichiarata, manifesta, supplichevole a cui non si è saputo rispondere. Le nostre leggi potranno essere applicate contro l’onorevole Cappato, l’unico parlamentare italiano ad uscire a testa alta da questa vicenda. L’Italia già non riesce a dare una vita dignitosa a tanti nostri concittadini costretti ad emigrare. Dover emigrare anche per avere una morte dignitosa è semplicemente indegno di un paese civile, quale quelli che si immaginavano alla fine del ‘600.

Roma, 28 febbraio 2017